Diary of a mess: An Introduction

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Caro Diario,

sono un disastro. Ho 26 anni tra poco ne compirò 27 e non so cosa fare della mia vita. Poche settimane fa il mio cuore si è spezzato perché la persona migliore che io abbia conosciuto è rimasta schiacciata dai miei problemi. Cosa c’è di più struggente di un amore finito e una vita che si sorregge su un filo rosso? Ho sempre pensato che sarei stata forte, che non avrei mai permesso che una relazione mi distruggesse così come mi sta distruggendo ora, ma fa maledettamente male proprio perché è un amore infinito verso una persona che pur di amarmi è stato disposto a sopportare il peso dei miei problemi finché non lo hanno schiacciato. Lo amo ancora? Sì. Lui mi ama ancora? Sì. Io mi amo? No.

Ecco la mia dura verità, non mi amo, non so come fare, non so come si possa amare qualcuno come me.

Il mio nome è Alise, una ragazza cresciuta in una famiglia innamorata delle sue due figlie, dell’immagine della famiglia perfetta, il quadro di un dipinto che nascondeva una realtà un po’ dura da digerire, non siamo mai stati la famiglia perfetta. Tra storie di infedeltà, problemi tra i parenti, due figlie non proprio posate e conservatrici come si può desiderare e il mio più grande incubo, l’azienda di famiglia.

In questo quadro di imperfezione, io mi sono sempre sentita come se la mia figura non appartenesse a quel quadro, sia per le mie ideologie, il mio desiderio di evasione, le mie opinioni sempre in contrasto con quelle della mia famiglia. Una tra queste è il mio essere agnostica. Sì, l’ho detto, non credo in Dio, o per lo meno non lo definisco tale, un abominio per le case dei cristiani. Ma in merito a questo voglio dedicare un’altra pagina di questo diario. Se le opinioni e modi di pensare non erano abbastanza anche la mia fisicità non è stata proprio di aiuto in questi anni. In una famiglia perfetta anche l’apparenza conta, per non parlare del contesto, quando si ha un nome si è sempre soggetti a critiche. Indovinate chi è diventata vittima di critiche costanti per via del proprio fisico con conforme alla norma? Proprio io. Sin dalle elementari sono sempre stata “cicciottella” se così si può definire cosa ero, non saprei identificarmi, so soltanto che quando guardo le mie foto di quando ero una bambina, vedo soltanto una bambina più grassa delle altre, non riesco a guardare oltre.

Quando guardo la mia famiglia, penso sempre di essere un peso, tutto di me è un campanello d’allarme che grida ‘sei sbagliata’, anche se la mia famiglia non ha fatto che amarmi, io continuo a provare questo immenso senso di colpa che per poter essere amata devo fare tutto il possibile pur di meritare il loro amore.

Ho perso peso fino a non mangiare più, ho scelto la scuola che non avrei voluto scegliere, ho fatto l’università che dopo le superiori non avrei mai voluto prendere perché sapevo che dalla mia precedente esperienza, economia non è mai stato ciò che avrei voluto fare e infine, ho scelto il lavoro dei miei incubi, entrare nell’azienda di famiglia.

Ho combattuto per anni con me stessa affinché non entrassi mai eppure in un momento dove vedevo il desiderio della mia famiglia gridare che entrassi, l’ho fatto e quello che mi ha lasciata perplessa è stata la loro reazione, un pianto di felicità da lì pensai; ‘forse è la decisione giusta?’. Fu la mia tomba.

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